martedì 21 aprile 2009

New York

Non avrei mai pensato di vedere così tanta gente giocare a calcio alla Mecca del basket. Ma mai avrei pensato di andare a The Cage e trovarlo vuoto. O di vedere un sacco di gente tirare calci a un pallone nel bel mezzo di Central Park. Il Garden, dunque. La passione è tanta. Ultima di regular season, contro i Nets. Due squadre che non hanno obiettivi, tant’è che riposano pure Harris e Carter.
Nonostante questo, biglietti esauriti, e a parte qualche abbonato a casa devo dire che il palazzo era pieno. Il Garden profuma di storia, e arrivare qualche minuto prima può permetterti di scendere al livello del parquet.

La partita è una merda di quelle che raramente si vedono. A metà del primo quarto David Lee, gasato dalla mia presenza con la sua canotta, è già a 8+8. Le percentuali dei Nets ricordano quelle del Partito Democratico, solo Lopez e Douglas Roberts fanno vedere qualcosa di interessante. Il cinese è un dramma. I Knicks controllano senza troppi problemi. In tutto questo gli americani pensano essenzialmente ad abboffarsi, anche a costo di perdersi un po’ di partita. Nell’ultimo quarto, puro garbage, i settori più costosi si sono già svuotati.

Però l’anima di New York restano sempre i playground. Come detto, una prima sortita a The Cage si era rivelata un buco nell’acqua. Ci riproviamo di sabato pomeriggio, nel dopo pranzo, con condizioni climatiche migliori. E facciamo centro. Ovviamente, non è nostra intenzione giocare. Resto convinto che il vero spettacolo non è in campo, ma attorno. Una combriccola di black people totalmente variegata, c’è la black mama che ha portato il figlioletto a vedere papà giocare, la biondina che ammira il fidanzato, l’amico con la fiaschetta di whiskey… poi ci sono i papponi, la vecchia gloria che dispensa consigli e incoraggia i giocatori. tra l’altro tra una partita e l’altra si mette anche a tiracchiare. non gliene ho visto sbagliare uno.

Il criterio di selezione non mi è risultato chiarissimo. La squadra vincente ovviamente resta in campo, ma dice la sua nella squadra che poi va ad affrontare. Tutti neri, c’è un bianco che si limita a qualche tiro nelle pause, così come un paio di latinos. E’ consentito mettersi a tirare nel canestro della squadra che sta attaccando, facendo attenzione a eventuali capovolgimenti di fronte.

Il gioco… a The Cage il campo è stretto, quindi dicono sia difficile giocare. Più che grandi talenti, si vede un gioco molto duro e fisico. Il rasta con la bandana ha menato mazzate come un fabbro per ore su ogni palla vagante. Tanto trash talking, che ovviamente resta una delle cose più divertenti se hai la fortuna di capirlo.

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