mercoledì 28 luglio 2010

Poetry in Motion's Summer League


Nonostante le ferie non siano ancora iniziate, rispettiamo le nostre origini napoletane. Di conseguenza, chiudiamo con qualche giorno di anticipo. I vostri due blogger preferiti puntano verso la Baskonia, sperando che Ivanovic sia un nostro fan.
Ci si becca verso l'ultima settimana di agosto.

venerdì 23 luglio 2010

Lakers, il mercato perfetto?

Può la squadra più forte della Lega diventare ancora più forte, nonostante un cap decisamente intasato? Sì, se il proprietario non ha problemi a spendere, se questa squadra ha sede in una città dove i giocatori fanno a spallate per vivere, se ci gioca il numero uno dell'Nba (sì ndru, l'ho detto, hai letto bene) e in più hai il miglior secondo violino della Lega (in attesa di capire chi sarà il secondo violino di Miami e se mai ci sarà un secondo violino a Miami). Aggiungiamoci, per rimanere al campo, il miglior difensore sugli esterni e, dulcis in fundo, un allenatore che ha più anelli che dita.
Vinto il secondo titolo consecutivo in un'epica gara-7, incassato il sì di coach Zen per l'ennesima ultima stagione (The Last Waltz? Perdonatemi se sono scettico, già sentito...), i Lakers si presentavano già discretamente pronti ai nastri di partenza della free agency. Tre i nodi da sciogliere per arricchire ulteriormente il piatto servito da Phil Jackson: un cambio per Fisher che possa tenere il campo anche per 20/30 minuti in regular season, consentendo al Pesce di non boccheggiare quando inizia a far caldo; un po' di carne da mettere sotto canestro per ovviare alla fragilità di Bynum; e un adeguato contorno per il piccante Artest.

Il draft ha dato le prime risposte, con due picks al secondo giro. Tra gli esterni è arrivato Devin Ebanks. Nato nel Queens (toh... ricorda niente? Eh, Ron?), ha giocato al college con West Virginia, distinguendosi come giocatore completo, in grado di segnare, andare con frequenza a rimbalzo, anche offensivo. Buona visione di gioco, se la cava anche come difensore. Il difetto principale, al momento piuttosto evidente, è il tiro da 3: nell'ultima stagione poco meno di un tentativo a gara, con percentuali prossime allo 0. Dovrà lavorarci molto, viste le opportunità che concede la triangolo.
La seconda scelta è invece andata su una scommessa tanto rischiosa quanto affascinante. Derrick Caracter, che ha chiuso a UTEP la sua carriera universitaria dopo precedenti travagliati a Louisville sotto coach Pitino. Caracter è un lungo offensivamente eccellente, in grado di crearsi il proprio tiro, di saper prendere posizione in post e di colpire tanto con forza quanto con velocità. I problemi possono essere di natura mentale, visto che il Caracter (ahahah) non è che sia dei più affidabili. Ma se capisce che con coach Zen e il Mamba è meglio non fare scherzetti, abbiamo una supersteal.

Archiviata la fase draft, i Lakers si sono mossi sulla Free Agency per puntellare ulteriormente la squadra. Primo colpo: la riserva di Fisher. Steve Blake è il prototipo di point guard adatto alla Triangolo. Abituato a giocare con Brandon Roy, sa già in cosa consisterà il suo compito: portare palla al di là della linea di metà campo, passarla a Bryant e farsi trovare pronto per colpire da 3. Messa giù così sembra facile, ovviamente non è che sia così semplice. Inoltre, la sua capacità di guidare la transizione potrebbe essere molto utile a una squadra in grado di riempire alla grande le corsie.
Bynum è fragile e Caracter non offre garanzie? Nessun problema, ecco un veterano come Theo Ratliff. Non sarà neanche lui integrissimo, ma è utile a dare un po' di intimidazione e a girare la chiave della difesa nel reparto lunghi gialloviola.
Infine, un'altra aggiunta nel settore esterni. Matt Barnes, con i suoi tentacoli, è un difensore ostico, lo ha provato lo stesso Bryant sulla sua pelle in un gran bel duello in una gara di regular season di quest'anno. In più va a rimbalzo, ha un bel piazzato da 3 e corre bene per il campo.

A South Beach sono avvisati, i Lakers sembrano decisamente pronti.

domenica 18 luglio 2010

Jeremy Lin, in missione per conto di Dio

Per studiare ad Harvard devi avere parecchio cervello. Se poi sai giocare pure a basket non guasta, basta che ti ricordi che il tuo scopo lì è quello di diventare uno dei tanti cervelloni sfornati da una delle università più prestigiose degli States. Non certo buttare la palla in un canestro.
Jeremy Lin, però, al momento ha scelto la strada del professionismo. Sarà che la sua storia, decisamente poco comune, è sempre stata indirizzata al basket. E che alla fine, al cuore (di papà) non si comanda. Il babbo, infatti, originario di Taiwan, è così maniaco di questo sport che passava le sue ore ad analizzare i videotape dei suoi campioni preferiti per comprendere tutti i segreti del gioco. Il figlioletto ha assimilato, rubando un po' qua e un po' là.
Cristiano devoto, oggetto di cori razzisti (ooooh, ma allora ci sono anche là!) durante le partite, è finito sulle pagine di
Time e di Sports Illustrated, diventando un fenomeno di massa. Dopo una partita da 30 punti contro UConn, ESPN gli ha dedicato un bell'articolo. Attenzione però, non parliamo di un fenomeno da baraccone, perché il ragazzo con la palla ci sa fare.


Dopo aver condotto da senior i Crimson a una stagione da 21-7 (16.4 ppg, 4.4 rpg, 4.4 apg, 2.4 spg, 51% dal campo), Lin ha chiuso la sua carriera accademica, guadagnandosi una chiamata al Portsmouth Invitational Tournament, dove ha ben figurato.
Il video della partita contro UConn dà un'idea abbastanza esauriente di quello che è in grado di fare il ragazzo. Comboguard? Può darsi, ma il cervello è da play, e vista l'università di provenienza non poteva essere altrimenti, nonostante una discreta propensione alle palle perse. Molto bravo in campo aperto, sia nel trovare i compagni smarcati che nel chiudere con un'azione personale, spesso concludendo nel traffico dove è quasi sempre (qui si torna al discorso delle palle perse...) in grado di difendere il pallone, trovando un varco nella difesa. A difesa schierata è uno che può creare superiorità numerica battendo l'uomo dal palleggio con un rapido primo passo, indifferentemente a sinistra quanto a destra. Come tiratore dalla distanza non è affidabilissimo, ma può comunque mettere tiri pesanti. La meccanica è particolare, tende a buttare i piedi in avanti e a tirare un po' in fade away.
Difensivamente è molto bravo sulle linee di passaggio, ma il punto interrogativo più grosso riguarda forse il fisico contro avversari decisamente più tosti. L'atletismo invece non manca.

Undrafted, sta giocando la Summer League con i Dallas Mavericks. In una gara poi comunque vinta dai Wizards, la prima scelta del draft 2010 John Wall, che ha comunque disputato una gran partita, se l'è dovuta vedere con lui...


I Mavericks sono stati gli unici a offrirgli un posto in Summer League, anche se lo vedono come un prospetto a medio termine, come ha spiegato lo stesso Lin parlando dell'incontro con Donnie Nelson avuto al PIT:
"He said he loved my game and the way I played and my basketball IQ, but then he said, 'I think you're about one year away from the NBA, so I want you to come play for my D-League team,' " Lin said. "That's how it started. He didn't draft me because he still thought I needed a year to develop, but he wanted me to come play for them, get comfortable with the city, get comfortable with the organization."

Vedremo se si apriranno per lui le porte della NBA, realizzando il sogno di Jeremy e del suo papà. Ai Mavs lo spazio è poco, ma può costituire una valida alternativa a Beaubois e soprattutto apprendere da uno dei migliori playmaker degli ultimi vent'anni.

martedì 13 luglio 2010

Champagne

Nella dispensa ho, da parecchio tempo ormai, due bottiglie di champagne pronte ad essere stappate. La prima quando i miei Mavs si libereranno del contratto di Erick Dampier. La seconda quando una persona bassa e con i capelli trapiantati abbandonerà questa terra.
Inizio a mettere in frigo la prima, per la seconda temo ci vorrà parecchio.

venerdì 9 luglio 2010

Perché può non funzionare (e perché sì...)

Un pezzo a quattro mani, inizia Dis/impegno, continua drunkside.

Perché può non funzionare.
Al momento siamo a Wade, Lebron e Bosh, più Mario Chalmers e Udonis Haslem.
Poco o niente tiro da fuori, poco post basso. Due giocatori che amano avere la palla in mano, un lungo che ha l'ufficio tra i 5 ed i 6 metri dal canestro, con un jumper grandioso, ma senza alcuna dote di passatore.
L'unico "schema" possibile mi sembra quello di attaccare ripetutamente il canestro, sperando che la difesa regga in modo da permettere la transizione. Highlights a iosa, ma difesa schierata Spoelstra (leggi Riley) dovrà impegnarsi parecchio.
C'è chi fa il confronto con i recenti Big Three dei Celtics, ma le differenze mi paiono evidenti.
1) I 3 grossi dei Celtics erano un realizzatore, un tiratore ed il miglior difensore della NBA, che in attacco tendeva a non danneggiare
2) Rondo e Perkins erano incognite, ma Rondo è diventato quel che è diventato e Perkins uno dei migliori difensori di post della Lega. Haslem è un validissimo giocatore, ma mi sembra piccolo per fare stabilmente il 5. Chalmers non è Rondo.
3) I C's avevano una gran panchina. Questi Heat? Mike Miller? Buono, ma mi sembra un po' poco.
4) Una barca con due capitani affonda.
5) Può non funzionare perché è giusto che non funzioni.

Che non fosse più l’NBA dei nostri padri lo sapevamo. Ma probabilmente non è più neanche la “nostra” NBA.
Dunque, sgombriamo un attimo il campo: da un punto di vista professionale, la scelta di LeBron non fa una piega. Vuole vincere? Va dove può farlo in breve tempo (se non quest’anno, facciamo tra due anni). Abbiamo una squadra con due stelle, un buon giocatore, e prossimamente tanti comprimari pronti all’uso. Da questo punto di vista, oltre agli Heat, solamente Chicago probabilmente poteva offrirgli tanto, con un secondo violino in costante ascesa e una coppia di lunghi ben assortita. Certo, anche i Clippers avevano parecchio per convincere LBJ, ma sono i Clippers e penso che James non li abbia mai preso in considerazione.
Questo dal punto di vista professionale. C’è però un altro fattore da tenere in considerazione, quello che piace a noi, quello delle chiacchiere da bar o da forum. Ho letto: in passato abbiamo visto tante squadre in cui c’erano delle stelle, di tanti Big Three e anche più. E’ vero, ma qua parliamo di una situazione creata a tavolino, la cui spettacolarizzazione smodata, culminata con l’annuncio alla nazione, ha fatto ovviamente storcere il naso a molti. Ho letto di umiltà nello scegliere una situazione in cui non è il numero uno, ma non riesco a parlare di umiltà in uno che imbastisce un teatrino del genere, mi dispiace.
Ho letto: ma che doveva fare, rimanere a Cleveland a non vincere? C’è addirittura chi ha parlato dei Cavs come di una squadra scarsa, disastrata. Gli stessi Cavs che hanno vinto 120 gare in 2 stagioni? Gli stessi Cavs che hanno inserito nel loro scacchiere i giocatori che James ha richiesto nel corso degli anni? Nessuno dice che James dovesse rimanere lì ma, come ha scritto qualcuno (che mi perdonerà se non lo cito, ma sarebbe la quindicesima volta che lo faccio. Comunque è Gerry), “se ti senti il numero uno, vai a sfidare il numero due, il numero tre, il numero quattro; ma non ti accordi per giocarci insieme”.
Vedremo come andrà a finire. Dal punto di vista professionale, come detto, può essere la scelta giusta. Dal punto di vista delle chiacchiere da bar, e della considerazione tra tifosi e addetti ai lavori, ci sarà da lavorare, per non essere considerato il Pippen di Wade. Già è pronta la spartizione dei trofei: al numero 3 l'Mvp, a LeBron quello da Sesto uomo dell'anno.
Ma, soprattutto, a questo punto mi sembra palese che c’è una macchia bella grossa da recuperare. Perché quella gara5 contro i Celtics grida pesantemente vendetta, e a questo punto considerarla uno sciopero non sembra essere tanto lontana dalla verità.

Un’altra curiosità riguarda come cambierà la Nba dei prossimi anni. Avremo 3-4 squadre pronte a lottare per il titolo e le altre a tankare selvaggiamente? Vedremo, fatto sta che le nostre speranze di salvezza per il futuro sono ancorate a un sol uomo…

mercoledì 7 luglio 2010

Reality 2010

C'era da aspettarselo che andasse a finire così, ma a questo punto direi che stiamo andando oltre più nera immaginazione. Sì, lo so, ormai sarà il ventesimo pezzo che leggete sull'argomento, ma c'è poco da fare. La Free Agency procede, e per forza di cose va seguita. E, con la nostra aria da radical chic, da sinistra dei salotti buoni, criticata.
D'altra parte, come fai a parlare bene di questo squallido teatrino a cui si sta assistendo? Come sottolineato dal sempre puntuale Gerry, quello visto in questi giorni è qualcosa che va contro lo spirito del gioco. Un reality show, i cui protagonisti si trovano a dominare l'Nba dal punto di vista commerciale più che sportivo, visto che - Wade a parte, ahimè - di anelli alle loro dita non se ne vedono.
Potevamo storcere il naso di fronte ai summit dei free agent eccellenti a mo' di Yalta. Potevamo anche passare sopra a Chris Bosh (descritto da quel genio di Stan Van Gundy come "lapdog" di Wade) e ai suoi aggiornamenti minuto su minuto su Twitter.
Poi arriva la goccia che fa traboccare il vaso, ossia una sorta di discorso a reti unificate da parte di Sua Maestà LeBron James, che annuncerà alla nazione tutta, e ai popoli e alle genti del mondo, dove giocherà l'anno prossimo. Mossa, tra l'altro, di cui si era scherzosamente parlato tempo fa nella mailbox di Simmons. Sarebbe da chiedere i diritti...
La sensazione di rispondere con un bel chissenefrega alla notizia è tanta, ma alla fine siamo qui a parlarne, e c'è poco da dire. Da questo punto di vista vince sempre lui. In campo, per il momento, no.

Aggiornamenti di giornata. Bosh raggiunge, per l'appunto, Wade a Miami. Gli Heat a questo punto dovrebbero rinnovare Haslem e trovare un pivot difensivo solido. Haywood sarebbe perfetto.
Boozer invece ai Bulls, mossa interessante in ottica LBJ, andando a formare con Noah una discreta coppia di lunghi.
C'è il serio rischio che a New York (e nel New Jersey) restino le briciole...

Oh, dall'altra parte una persona seria c'è. Silenziosamente e senza squilli di tromba, Durant rinnova con i Thunder. Daje KD, salvaci da questa massa di buffoni.

sabato 3 luglio 2010

In diretta dalla Brianza

Dopo le conferme Markoishvili, Micov, Leunen, l'ultimo colpo di Silver Fox.

venerdì 2 luglio 2010

I beneficiati

Toh, un albatros...

Pochi giorni fa parlavamo delle società "benefattrici", in riferimento agli scambi con altre franchigie. Dopo poco più di 48 ore dall'apertura della Free Agency più attesa degli ultimi anni, forse è il caso di iniziare a parlare di una categoria sempre presente nell'Nba, che si ripresenta puntuale come le zanzare d'estate. Parliamo dei beneficiati, ossia di quei giocatori che, per un motivo o per un altro, si ritrovano con un contratto decisamente sproporzionato rispetto al loro valore, frutto di una stagione azzeccata nel contract year o, più semplicemente, di un'insolazione da parte del GM di turno.
Se da un lato eravamo sicuri che la Free Agency di quest'anno avrebbe portato con sé un numero abnorme di beneficiati (meglio noti come albatros), ci saremmo immaginati che queste figure sarebbero comparse con più calma, a mercato inoltrato, una volta che gli obiettivi principali di una determinata franchigia si fossero accasati altrove. Invece no. Al momento questi futuri albatros dominano il mercato.
Iniziamo da Joe Johnson. Giocatore di indubbio talento, già qualche anno addietro aveva preferito riempirsi le tasche ad Atlanta piuttosto che cercare di costruire qualcosa nei Suns di Nash & co. I risultati sono stati considerevoli dal punto di vista pecuniario, ma gli Hawks non sono mai riusciti a fare il salto di qualità, grazie (oddio, grazie) a un gioco offensivo stantio, lento, congestionato, basato sull'ossessiva ricerca dell'isolamento. L'apice dello schifo (diciamo le cose come stanno) è stato toccato nei playoff 2010, con l'accesso alle semifinali di conference strappato con i denti contro i generosi Bucks, e una serie contro i Magic durata il tempo di un'allacciata di una scarpa. Di un mocassino, per essere precisi.
Lo stesso Johnson ha giocato dei playoff disgraziati. Ma la caccia al free agent di quest'anno ha favorito il buon Joe (giocatore che comunque al sottoscritto piace parecchio), che si troverà in tasca il contratto della vita. Indiscrezioni parlano di 119 milioni in 6 anni. Per carità, gli Hawks si sono trovati di fronte a una scelta difficile, cioè se riempire di dollari JJ o finire nel limbo, ma hanno svenduto il loro futuro per tre anni da quarto/quinto posto a est.
Passiamo avanti. Se i Grizzlies hanno giocato una grande stagione lo devono anche all'esplosione di Rudy Gay, 20+5 di media nonostante una carriera passata a sentirsi dire di essere troppo soft. Bene, Memphis ha proposto al giovine 81 milioni di dollari in cinque anni. Il tempo ci dirà se è stata una scelta azzeccata, ma non mi sembra che ci troviamo di fronte a uno di quelli che capita ogni venti anni.
Next! Drew Gooden. Oooooh, Drew Gooden, il nomade dell'Nba. Otto diverse squadre in otto anni. Beh, ci auguriamo che la firma di un contratto da 32 milioni di dollari in cinque anni a Milwaukee non lo faccia desistere dal proseguire la caccia al record. A fine carriera vogliamo averti visto con 30 canotte diverse! Detto questo, trattasi forse dell'investimento meno scandaloso. Resta un contratto lunghissimo, ma per una squadra di media fascia Gooden è un investimento discreto, potendo garantire punti e rimbalzi. Per la difesa meglio affidarsi a Bogut, al principe e, si spera, a Sanders. Certo, il fatto che cambi più squadre che mutande dovrebbe dare adito a una riflessione...
C'è chi strappa il contrattone grazie al "sistema" in cui si trova a giocare, vedi Channing Frye, diventato grazie alla cura Nash uno dei migliori tiratori da 3 della Lega. 30 milioni in 5 anni per un lungo che non mette un piede in area e che ha iniziato le finali di conference con 1/20 e due rimbalzi (totali, non di media) in tre partite.
Altro giro altro regalo: Amir Johnson. Ok, lotta. Ok, si sbatte. Ok, è giovane. Ma 34 milioni in 5 anni? E Scola allora quanto deve chiedere?
Concludiamo questa prima piccola bottega degli errori con l'idolo delle folle. Il giocatore di cui si aspetta l'esplosione da anni. Un uomo da 5.6 punti e 4 rimbalzi in carriera. 20 milioni in 4 anni a Minnesota, dove potrebbe anche improvvisamente diventare un cardine della Triple Post Offense. Intanto, noi vogliamo ricordarlo così.

giovedì 1 luglio 2010

It's evolution, baby!

Poetry in motion decide di lanciarsi nel mondo dei social network. Da stasera abbiamo addirittura una pagina Facebook (oooohh...) e nientemeno che un twitter tutto per noi (ooooh!). Che poi non sappia come funziona il secondo è un dettaglio.
Comunque, per invogliarvi alla lettura, come solo noi sappiamo fare, promettiamo contenuti esplosivi e inediti e aggiornamenti costanti sulla calda estate Nba.
Sapete quanto teniamo a voi lettori, non vi inganneremmo mai.

Quindi promettiamo, in assoluta esclusiva per i primi cinquanta iscritti, inedite foto di Katy Perry in topless. Accorrete!

I benefattori

Fino a qualche mese fa, toccava ai Memphis Grizzlies la poco onorata carica di "benefattori" della Nba. Hai una stella viziata in squadra di cui ti vuoi liberare? Hai sbagliato a dare un contratto così alto a un giocatore che si è ricordato di saperci fare con la palla a spicchi solo nel contract year? Vuoi far fare il salto di qualità definitivo alla tua squadra, acquisendo per due spiccioli uno dei migliori lunghi della Lega?
I GM dell'NBA sapevano che in queste situazioni il prefisso da comporre era quello di Memphis, e fioccavano strani scambi con il Tennessee.
La crescita dei Grizzlies nell'ultimo anno ha modificato le carte in tavola. Panico nella Lega: l'estate 2010 è vicina, abbiamo un sacco di contratti da mollare per nulla per svuotare il nostro salary cap per la caccia grossa ai free agent. A chi ci rivolgiamo?
Occorreva individuare una nuova franchigia che mondasse i peccati altrui. Detto fatto. E' Natale, guarda te proprio un mesetto e mezzo prima della chiusura della trade line, quando scoppia lo scandalo Arenas. Agent Zero viene sospeso, la stagione dei Wizards (già non esaltante ma con qualche segnale di ripresa proprio da Gilberto, al ritorno dopo gli infortuni al ginocchio), va rapidamente a sud.
Le linee telefoniche di Washington diventano improvvisamente caldissime. Prima si muovono i Mavs, che impacchettano Josh Howard (ormai chiaramente alla chiusura del suo ciclo texano), Gooden e altri minus habens per Caron Butler, Brendan Haywood e DeShawn Stevenson.
Pochi giorni dopo, è il Re, o presunto tale, a chiamare. LeBron vuole Jamison. Detto fatto. In uno scambio che coinvolge anche Clippers (toh...) e Kings, l'ex UNC va sulle rive del lago di Cleveland sostanzialmente in cambio di nulla. A Washington arriva il contratto in scadenza di Ilgauskas (il lituano tornerà a Cleveland), Al Thornton e una prima scelta.

Passa qualche mese, a riportare un po' di entusiasmo a Washington è la vittoria alla lottery, il che vuol dire John Wall, nonostante tutte le incognite di una convivenza con Arenas. Fa nulla, la strana coppia può riportare pubblico, spettacolo, entusiasmo. Per le vittorie vedremo. Inoltre, il cap sarebbe decisamente vuoto, grazie alla scadenza di un po' di contratti.
La notte del Draft Wall è il primo a essere chiamato, e indossa il cappellino dei Wizards. Ma riparte il giro di telefonate verso la saletta di Ernie Grunfeld. I Bulls hanno bisogno di liberare spazio, c'è LeBron da portare a Chicago a seguire le orme di Sua Altezza. Nessun problema, ci prendiamo Hinrich e la 17. Alla fine l'ex Kansas può dare un po' di fosforo.
Fin qui, tutto bene.
Poi chiamano i Nets. No, dico, i Nets. E ti sbolognano Yi(-kes). Sì, lui, il cinese scarso. Quello che voleva fare i workout solo contro delle sedie.
Nessuna mossa devastante, per carità. Lo spazio salariale c'è ancora, ma non c'erano proprio altri modi per riempirlo?