giovedì 20 dicembre 2012

Napoli muore (ancora)

Un palasport in rovina per un movimento in rovina

Napoli è morta. Ancora una volta. E sinceramente si inizia a perdere il conto.
Dall'esclusione della squadra di Maione ad oggi si sono succedute la Nuova Sebastiani Napoli, la Nuova Pallacanestro Napoli, il Napoli Basketball, il Nuovo Napoli Basket.
Delle quattro società (in cinque anni), solo il Napoli Basketball ha terminato la stagione, e ha dovuto creare questa strana creatura a due teste con la Pallacanestro Sant'Antimo nella speranza di non morire. Anche in questo caso, nulla da fare, con la squadra esclusa dopo sole tre giornate. Un record difficile da battere.

C'è poco da commentare, ci sarebbe tanto da scrivere ma al momento preferisco lasciar perdere.
Queste esperienze sono nate da basi diverse: c'è chi ha provato a partire dal basso, chi a coinvolgere i tifosi. Il comune denominatore è il loro fallimento, che lascia l'impressione che a Napoli sia impossibile fare basket, in una città dove tra l'altro il calcio monopolizza l'attenzione. In un movimento che necessiterebbe di riforme radicali per poter essere nuovamente appetibile per imprenditori seri.
La chiave è il Mario Argento, dicono in città. Ma la sensazione è che, ormai, sia diventato una giustificazione.



venerdì 14 dicembre 2012

Può un canadese salvare Los Angeles?

Può un uomo solo salvare una squadra allo sbando, con un impatto tale da risolvere ogni problema del team, anche quello per il quale l'uomo in questione (e lo stesso team) è decisamente carente? Perché è di questo che stiamo parlando.

Nash indica a Gasol il numero delle penetrazioni tenute dalla difesa Lakers

La premessa è nebulosa, quindi andiamo con ordine. L'uomo in questione è Steve Nash. La squadra, i Los Angeles Lakers modello inverno 2012. Ossia una squadra senza fiducia, con un record decisamente negativo, già condannata a dover rincorrere l'ottavo posto nel competitivissimo ovest.
Il play canadese può sicuramente portare una svolta considerevole nei meccanismi lacustri. E' il compagno di squadra ideale, uno di quei giocatori in grado di migliorare i compagni già solo con la sua presenza in campo, figuriamoci se gli metti la palla in mano, lo affianchi allo scorer più letale dei tempi moderni, magari ci metti quel lungagnone spagnolo barbuto a rollare e due figuranti negli angoli.
Benissimo. Ma poi c'è da difendere, e là subentrano i problemi, perché il canadese è tutt'altro che un difensore rispettabile, e si andrà ad inserire in qualcosa che, ad oggi, risulta difficile chiamare difesa.

Il primo tempo della gara giocata dai Lakers a New York è l'emblema di quanto scritto. Male nelle transizioni difensive, dove il primo a trottare pigramente è il leader della squadra. Malissimo nelle rotazioni sul perimetro, con tanti tiri comodi - e per comodi intendo con anche quattro metri di spazio - concessi ad una squadra che da 3, per usare un eufemismo, tira benino. Peggio che malissimo a centro area, dove Robert Sacre (sì, Robert Sacre) è risultato essere il migliore dei tre lunghi negli aiuti. Jordan Hill non lo consideriamo proprio, ma il più volte proclamato (e autoproclamatosi) miglior difensore NBA, con tutte le scusanti dei problemi fisici, non è riuscito a fornire quel minimo di intimidazione in grado di scoraggiare le scorribande di Felton & co.

La shot chart dei Knicks nel primo tempo

A questo punto la questione diventa una e semplice. Può, al suo ritorno, il rispettosissimo Steve Nash (e Gasol, passato da capro espiatorio a uomo rimpianto tra le lacrime) generare un "entusiasmo offensivo" tale da mascherare le tante carenze difensive di questi Lakers, che dovrebbero acuirsi ulteriormente con il canadese in campo? Riuscirà a migliorare così tanto l'attacco gialloviola da fare sì che anche la difesa migliori? Da questi interrogativi passano le ambizioni dei Lakers. 

domenica 9 dicembre 2012

Belinelleide: dal primo ferro ai Chicago Bulls

Non sono mai stato un ammiratore di Marco Belinelli. Anzi..
Ricordo gli inizi in serie A, promessa prima della Virtus e poi soprattutto della Fortitudo protagonista di una serie di playoff tesa anche oltre i limiti contro la "mia" Carpisa Napoli. Aquei tempi già si diceva che il livello del campionato fosse sceso, ma ad oggi la rosa di Bologna e soprattutto quella di Treviso vincitrice dello scudetto appaiono mostruose. Chiusa parentesi, le cifre di Belinelli in quella serie:
20 punti realizzati alla prima in casa, 8 a Napoli, 23 a Bologna, 3 a Napoli e poi una MOSTRUOSA gara 5 a Bologna, con 34 punti e 8/14 da 3. Dopo gara 5, Belinelli dichiarò di aver rischiato la vita a Napoli, meritandosi ancora maggiore simpatia da parte del pubblico partenopeo. Inoltre, un certo scetticismo (seppur solo parzialmente confermato dalle medie totali) sul suo rendimento fuori casa iniziava a serpeggiare.
A vent'anni comunque il ragazzo iniziava ad attirare più antipatie che simpatie non solo a Napoli. Non erano in discussione né il talento, né le capacità come tiratore. In generale però, un atteggiamento non proprio umile, una faccia.. un po' così, facevano sì che buona parte dell'Italia godesse quando per Marco risuonava metallico il primo ferro.

Sono bravo e me ne frego se mi puzzano le ascelle.
Estate 2006: Belinelli si consacrò come prospetto NBA segnando 25 punti contro la nazionale americana ai mondiali. Scisceschi, per sua stessa ammissione, l'avrebbe accolto a braccia aperte a Duke. Invece no, ultimo anno italiano, dove il nostro diventa top scorer di una non memorabile Fortitudo Bologna. Inoltre, iniziava un po' a serpeggiare un certo atteggiamento da fenomeno, che lo portava a spettacolarizzare un po' certe situazioni: i numerosi fadeaway non richiesti e il chiodo fisso NBA facevano di "Tu vuò fa l'Americano" la colonna sonora ideale delle gesta del bolognese.
Il dado era tratto, Marco andò in America; 18esima chiamata ai Warriors del mefistofelico Don Nelson. Il pensiero collettivo era "che figata per Marco, tiratore in una squadra che nasce e muore col tiro da fuori".

Mi è proprio andata di culo...
Peccato che, nonostante la compatibilità "tecnica" (due virgolette sono poche, lo so, si parla sempre dei Warriors di Nelson), non si fosse tenuto conto dell'idiosincrasia del coach per i rookies. "Mr Nelson, quanti minuti giocherà Belinelli?" "Minuti?!" la lapidaria risposta. Traduzione, 33 partite giocate, 7 minuti e 3 punti scarsi di media.
La stagione successiva, 2008/2009, Marco vide più il campo. Niente di eccezionale, ma mostrò dei progressi nella gestione del pick'n'roll, soluzione che raramente eseguiva quando giocava in Europa. Marco fu poi spedito a Toronto, per formare sul campo quella Italian Connection in una città strapiena di Italiani. Un disastro.
Arrivò così la prima svolta: anno 2010/2011, New Orleans, alla corte di Monty Williams e Chris Paul. Diciamo che se Belinelli dovesse avere dei figli maschi, Chris e Monty, ma anche Paul e già che ci siamo William sarebbero nomi da prendere seriamente in considerazione.

Coach, gli fai tu da padrino al battesimo?

Coach Williams vide in lui non la presunta star tendenzialmente fighetta che aveva lasciato Bologna e che da allora poco aveva fatto per far cambiare idea a riguardo, ma un lavoratore che mantiene un basso profilo e che non si lamenta letteralmente mai. Magari in questo, ipotizziamo noi, aver condiviso lo spogliatoio con il Capitano Jack ha aiutato (lo immaginiamo, nella sua stagione da rookie, non molto diverso da Lo Storpio della grandiosa scena di Pulp Fiction). Inoltre, giocare con Chris Paul rende le cose un po' più semplici.
Bilancio della stagione 10/11: 69 partite in quintetto, 24,5 minuti di media, 41% abbondante da 3 e quasi 11 punti di media; inoltre, nonostante non sia mai stata una specialità della casa, una difesa generalmente accettabile.
Alla fine della stagione 2011, Belinelli è di fatto un giocatore NBA. Pensiero dell'Italia cestitstica: "Bravo! E perché non resta in America anziché venire a rompere i coglioni in Nazionale?". Sì, perché in azzurro Marco ha spesso mostrato il peggio di sé, soffrendo forse della discrepanza tra la volontà di voler essere il leader dell'attacco e la totale mancanza di abitudine a giocare in questo modo.

Gioco così male che metto la maschera per non farmi riconoscere

Ho lasciato la Lituania pensando "Belinelli primo nemico", e lo attendevo al varco per la successiva stagione americana, senza il santo Cristiano Paolo a rifornirlo di palloni in angolo per comodi tiri da 3. Belinelli ha giocato una stagione ancora migliore della precedente, al punto da far sostanzialmente ricredere quelli di Buzzerbeaterblog che per lui avevano coniato l'azzeccato sottotitolo: SDENG dal 1986.
Quest'anno la grande occasione, i Bulls di coach Thibodeau, seppur privi di Rose. Inizio da incubo, poi si rompe Rip Hamilton e Marco finisce in quintetto. L'occasione della vita.. e la sta cogliendo.
Cosa è scritto nel futuro di Belinelli? Tranquillo, nella telecronaca, vede per lui un ruolo di "impatto", con minuti limitati, in determinate situazioni della partita. Ma mi chiedo io, perché a questo punto non potrebbe essere un titolare? Il giocatore che gli sta davanti è chiaramente in parabola discendente. Rispetto a Marco non offre né un tiro migliore, in una squadra che ha tanto bisogno di tiro, né una "migliore" fase difensiva.
Forse sarebbe proprio Hamilton a poter garantire un migliore impatto in fasi limitate della gara: anche in contumacia Rose, i Bulls potrebbero sfruttare situazioni di uscita a ricciolo nelle quali Rip è maestro. Togliere Belinelli dal quintetto significherebbe anche perdere il potenziale realizzativo messo in mostra proprio nei primi quarti (come riportato dallo stesso Tranquillo, 85% dal campo nei primi quarti). Inoltre, come esecutore di pick'n'roll, Marco potrebbe ben figurare anche in coppia con Hinrich e/o Deng da 4 a sfruttare eventuali scarichi sul perimetro. In questa specialità i Bulls hanno un notevole interprete in Rose, ma poco altro. Inoltre, il p'n'r di Belinelli richiederebbe delle scelte diverse alle difese rispetto a quello di Rose, il che comunque può essere un vantaggio per l'attacco. In sostanza, non voglio dire che Belinelli sia più "forte" di Hamilton (non ora, figuriamoci quando Hamilton era al top), ma solo che al momento sia più adatto a partire in quintetto.
Come è arrivato a meritarsi tale considerazione, almeno da un osservatore ostile come il sottoscritto? Negli anni NBA Belinelli è dei tre italiani quello che ha affrontato le maggiori difficoltà, ma è stato anche quello che più ha saputo trasformarsi. Sì, proprio come Bargnani! Belinelli ha fatto un bagno di umiltà e lasciando il suo ego fuori degli spogliatoi che, solitamente, di ego sono strapieni. Infine, ha seguito il principio secondo cui se nel mondo NBA vedi una porta socchiusa, non devi bussare ma fiondartici dentro. Dei tre italiani è quello che merita il maggiore rispetto. E MAI avrei pensato di scrivere una cosa del genere.
In nazionale, Belinelli deve ancora trovare la sua dimensione. E' evidente che non abbia le capacità di fare il "playmaker", come ha provato a fare sinora. E' evidente che debba fare un passo indietro, che però non è molto differente da quello che ha fatto in questi anni di NBA. Palla in mano con moderazione, gambe basse in difesa e coinvolgimento offensivo come finalizzatore o "specchietto per le allodole", in modo da liberare i notevoli tiratori di cui disponiamo.
La maturità arriva per tutti, prima o poi. Di certo, giocare da guardia titolare nel palazzo che fu di Michael Jordan, aiuta.

domenica 25 novembre 2012

Lunghi, ma non big men


C'è uno strano filo conduttore che lega le carriere di Dwight Howard e Andrew Bynum. Entrambi sono arrivati in NBA direttamente dall'high school, saltando anni di college che, con il senno di poi (ma anche senza), magari avrebbero favorito una maggiore maturazione tecnica e soprattutto mentale dei due. Entrambi hanno avuto una progressiva crescita che ha fatto pensare a duelli continui sotto i tabelloni per giocarsi qualcosa di importante. Entrambi, ad oggi, hanno perso una buona fetta di credibilità.
E' di queste ore la notizia che Bynum, avvistato recentemente con una oscena capigliatura, è out indefinitely, e si pensa che questo annuncio sia solo un antipasto di quello che verrà: out for the season. Nel contract year. Senza avere ancora disputato una gara con quella franchigia che ha puntato su di lui per ricostruire. E ancora, dopo che si è scoperto che il pivot ex Lakers ha pensato bene di giocare a bowling con le ginocchia che si ritrova.


Andrew, stai per entrare in una valle di lacrime

Anche Dwight Howard quest'estate ha cambiato squadra, mettendo fine ad una stucchevole telenovela che ha di fatto ridotto ai minimi storici i suoi simpatizzanti tra la Lega. Vado via. No, resto ai Magic ma intanto faccio licenziare Stan Van Gundy e faccio anche una figuraccia davanti alle telecamere. No, vado via, mi attende Brooklyn, voglio giocare con Deron. No, finisco ai Lakers, che bello giocare con Bryant. Eh, però volevo giocare a Brooklyn, ma Deron non mi parla più.
Il tutto condito da un atteggiamento sempre meno propenso ad attirare simpatie: dagli infortuni (scioperi?) ai Magic ad un inizio di stagione sottotono a Los Angeles. E' vero, non è ancora al meglio della condizione, ma negli ultimi anni di progressi nel gioco se ne sono visto pochi (oltre a imbarazzanti regressioni,  come ai tiri liberi). In aggiunta, il linguaggio del corpo è preoccupante e Bryant già ha iniziato ad aumentare il numero di conclusioni.
E allora se volete cercare il migliore centro di quest'anno vi suggeriamo di fare un salto in Tennessee...

mercoledì 21 novembre 2012

Aspettando Dirk

E' stata un'estate particolare, quella dei Dallas Mavericks. Battuti dai Nets nella rincorsa a Deron Williams, abbandonati da Jason Terry e Jason Kidd, hanno dato per qualche giorno l'impressione di essere allo sbando, costretti ad una rifondazione che avrebbe comportato la dolorosa rinuncia a Dirk Nowitzki e il definitivo smantellamento di quella squadra che, con il tedesco come pietra angolare, aveva vinto il titolo solo pochi mesi prima.
E invece i Mavericks sono riusciti a trovare un valido piano B, firmando giocatori con voglia di riscatto, senza strapagare presunte stelle e, soprattutto, salvaguardando gli aspetti salariali per ritentare nella prossima estate la corsa ai migliori free agent.
Amnistiato Haywood e il suo poco simpatico contratto, sono arrivati Chris Kaman (annuale da 8mln), OJ Mayo (biennale da 8 mln con player option alla fine di questa stagione), Dahntay Jones (annuale da 2,9 mln), Elton Brand (annuale da 2,1 mln). Tramite trade, i Mavs hanno poi messo le mani sulla PG Darren Collison, anche lui con contratto a breve scadenza, dominante ai tempi di New Orleans in contumacia Chris Paul e poi deludente nella sua esperienza ai Pacers.
Obiettivo dichiarato: fare una buona stagione, centrare i playoff, e poi vediamo l'estate prossima.


Una nuova tegola si è avuta con l'infortunio al ginocchio di Nowitzki, i cui tempi di recupero si stanno progressivamente allungando (ad oggi si parla di metà dicembre). Nessun problema: inizio da 4-1, senza Dirk, senza Kaman, senza Marion, ma con Mayo on fire (due escursioni sopra quota 30), un inaspettato Brendan Wright, un ottimo Collison.
Dopodichè si è saliti sulle montagne russe ed è arrivata la prima serie di sconfitte: al momento, il record è di 6-6.
Si può però fare un primo bilancio di questi Mavericks. 

PLUS
OJ Mayo sta segnando 21.8 punti a partita, tirando con il 49% e un clamoroso 58% da 3. Le sue conclusioni raramente arrivano da distanza minore di cinque metri (prende il 46% dei tiri  da 3 di Dallas), quindi potrà passare dei momenti meno fortunati. Ma al momento è l'arma migliore di questi Mavericks. Nel supplementare della gara (persa) contro i Warriors, ha segnato tutti gli undici punti della squadra. In assenza di Nowitzki, è il leader della squadra assieme a Marion.
Chris Kaman sta vivendo una seconda giovinezza: 15 punti e 8 rimbalzi di media in 28 minuti di impiego. Nei primi quarti Dallas tende ad affidarsi al suo centro amante delle armi e della caccia. Inizialmente partiva dalla panchina con Wright titolare, ma le carenze a rimbalzo dell'ex UNC hanno convinto Carlisle a cambiare le carte in tavola.
Honorable mentions: Vince Carter (sì, lui), Jae Crowder, che ha dimostrato di saper tenere il campo per lunghi periodi.

MINUS
Elton Brand. Santoddio Elton, non ci siamo. 6+5 per l'ex Philadelphia ma soprattutto il 36% al tiro.
Jared Cunningham. Presto per bocciarlo, ma ad oggi è una scelta buttata in un ruolo dove ci sono già parecchi enigmi (ne parliamo dopo).
Brendan Wright. Aveva inizato la stagione alla grande: quintetto, sei gare consecutive in doppia cifra di punti. Poi qualcosa si è rotto: nove minuti contro Minnesota, DNP con Washington e minutaggi ridotti ai minimi termini nelle ultime gare. Nasce tutto dalle enormi carenze a rimbalzo, e i numeri possono aiutarci; Wright prende 3.5 rimbalzi di media in 17 minuti. Carlisle preferisce quindi destinare i suoi minuti a Murphy (4 rpg in 19', ma il Fighting Irish porta opzioni in più sul perimetro) e alla sorpresa Bernard James, il rookie più anziano della Lega se non fosse per Prigioni che è tutto tranne che un rookie: per il marine 4+4 in 12 minuti di impiego medio, ma con un dato in crescendo.

Darren non ha paura di andare al ferro.
Blake, perplesso, si interroga sulla situazione in Medio Oriente.

I dubbi principali però riguardano una posizione in particolare, quella di PG. E qua ci troviamo divisi tra aspetti positivi e negativi. Innanzitutto va detto che raccogliere l'eredità di Jason Kidd non è facile per nessuno.
Darren Collison è stato tra i protagonisti dell'ottima partenza dei Mavs: cinque gare in doppia cifra di punti, due doppie doppie, ottime percentuali anche se avvantaggiate dal fatto che la maggior parte delle sue conclusioni arriva in penetrazione o dalla media distanza. Se i Mavericks sono il quarto attacco della Lega ha indubbiamente i suoi meriti, e proprio Mayo ne beneficia (quando Collison è in panchina la percentuale dall'arco dei Mavs scende di dieci punti percentuali).
Ma nelle ultime partite ha messo in evidenza una serie di limiti difensivi che non possono non essere presi in considerazione.
Kemba Walker: 26+6+7+8 recuperi
Luke Ridnour: 15+8+7+4 recuperi
AJ Price: 11 punti
Kyrie Irving: 11 punti
Stephen Curry: 31+6+9

Queste le prove dei recenti dirimpettai di Collison (record in questo segmento 2-3). Il problema arriva anche dagli scarsi risultati dei suoi backup. Rodrigue Beaubois è ormai un punto interrogativo: costantemente infortunato, tanto che il coach ha recentemente detto di essere al momento "preoccupato essenzialmente dei suoi problemi di salute", quando schierato non offre il minimo contributo, e viene ormai utilizzato più come SG. C'è allora l'opzione Dominique Jones, che è come Collison giocatore che ama andare al ferro, ma anche in questo caso la costanza non è dalla sua. Si è parlato di un interessamento per Derek Fisher, che però sicuramente non risolverebbe quei problemi difensivi.
Al momento, i Mavs vanno là dove li porta Collison, che nelle vittorie tira con il 52% dal campo e nelle sconfitte con il 36%
Tutto questo, aspettando Dirk.

sabato 17 novembre 2012

Oldies but goldies

Alla vigilia delle prime trasferte ad ovest c'era una domanda che girava tra tifosi e addetti ai lavori Nba. "Are those Knicks for real?". Nonostante la prima sconfitta, la risposta non può che essere positiva. Vittoria in rimonta nel quarto quarto a San Antonio, un accostamento di parole raro come un 2/2 dalla lunetta di Biedrins (e infatti le due cose si sono verificate nell'arco di pochi giorni, Maya here we come),  sconfitta onorevole, nonostante un pessimo terzo quarto, in casa della squadra più forte della Western Conference. Sì, avete letto bene, i Memphis Grizzlies. Non potremo non occuparci di loro.
Ma torniamo alla Grande Mela. Segnano 102 punti di media, terzi nella Lega. E fin qui ci sarebbe poco di cui meravigliarsi. Ne concedono solo 92 (quarti), fanno tirare gli avversari con il 43%, forzano quasi 18 palle perse a partita. 

La strana coppia
Se è vero che le discussioni si concentrano prevalentemente sull'assenza di Amar'e Stoudemire, con la possibilità per Anthony di giocare da 4 in un sistema in cui si continua a tirare spesso e volentieri da 3, ci si sofferma probabilmente troppo poco sull'equilibrio della coppia di guardie titolari Raymond Felton e Jason Kidd. Il primo, asciugati i tanti chili che quest'estate avevano fatto ipotizzare una sua gravidanza (resta rotondetto ma è così di suo), sta trovando il canestro con continuità (16.1 ppg + 6.3 apg) e sta trovando nuova linfa grazie al suo compagno di reparto. Il playmaker che per anni è stato il più forte della lega, il vecchietto terribile, ha saputo trasformarsi in una macchina spietata in grado di giocare tranquillamente off the ball per larghi tratti della partita. Continuando nella tendenza intrapresa in maglia Mavs, le sue conclusioni ormai arrivano quasi sempre dall'arco, sullo scarico: 56% in questo avvio di stagione. A questo bisogna aggiungere la sua straordinaria capacità in difesa di toccare qualsiasi pallone passi dalle sue parti.
Insomma, quest'ottimo avvio dei Knicks nasce dall'equilibrio trovato in primis tra i due esterni. Un equilibrio contagioso: New York, come detto, tira tanto da tre, ma gioca in maniera armoniosa, forza poco, cerca quando possibile l'extrapass, e solo di tanto in tanto decide che è il momento di affidare lo spartito a Melo per qualche minuto di solo. E l'esempio è JR Smith, favorito nella corsa al premio di Sesto uomo dell'anno, con 16 punti di media, un irreale 63% da 3 e, al momento, l'impressione di essersi calato nel ruolo senza voler strafare.
Dimentichiamo qualcuno? Certo: lui.


Che spettacolo vederlo così tirato a lucido. Il primo tempo contro i Grizzlies è una gioia per gli occhi, un clinic regalato a noi spettatori. Uno Sheed così è un lusso per questi Knicks. Sia in attacco, con la sua capacità di saper colpire da fuori e dal post, con il suo meraviglioso giro e tiro, e di poter passare la palla dalle tacche per i vari JR Smith, Novak e Kidd appostati sull'arco; sia in difesa, dove con Chandler (o Camby, quando sarà) costituisce una coppia difensiva di lunghi difficilissima da battere grazie al suo innato senso di posizionamento.

E ora?
Le battute sull'aumento del numero degli estintori al Madison Square Garden si sprecano. La questione Amar'e è delicata, ci sono equilibri da mantenere sia a livello tecnico che contrattuale. Pensare ad un suo ruolo come sesto/settimo uomo appare, al momento, difficile. Il ritorno di Stat dovrebbe ridare un po' di consistenza a rimbalzo, dove ad oggi i Knicks sono 27simi su 30 squadre.
E poi ci sarebbe anche Iman. Essì, Shumpert potrebbe tornare a gennaio ed inserirsi prepotentemente nella rotazione delle guardie, andando a modificare ulteriori equilibri. Bene per lo stato fisico di Kidd, e di un commovente Prigioni, ma bisognerà vedere quale potrà essere il suo impatto, perché è pur vero che il parziale decisivo con gli Spurs è arrivato con tre piccoli in campo, ma Ronnie Brewer al momento è un prezioso collante.

domenica 11 novembre 2012

Lettera aperta alla dirigenza Lakers

Gentili signori gialloviola,

vengo al dunque: avete iniziato facendo schifo. Poi pare che alcuni di quelli che mettono i soldi abbiano iniziato a storcere il naso, perché quello là, sulla panchina, proprio non gli va a genio.
Quelli che pagano vogliono rivedere l'uomo con più dita che anelli, quell'uomo che, svuotando l'ego dei giocatori come tazze da the apparentemente vuote, fa docilmente pascolare i suoi campioni in triangoli.
Questa richiesta, da un lato comprensibile, vi mette tra due fuochi: da un lato c'è chi finanzia il circo, che come il cliente ha sempre ragione, dall'altro la figura di merda epocale che vi aspetta. Ripartendo da coach zen, vi dovreste mettere come Troisi e Benigni col Savonarola. Il dettaglio è che fino a due giorni fa eravate in piena modalità damnatio memoriae.

Mi rendo però conto che, ingoiando un amaro boccone ora, questa mossa potrebbe in realtà trasformarsi in una del tipo "comunque vada, sarà un successo". Perché, come diceva poco fa drunkside, Jackson è capace di guidare i svariati ego dei giocatori e alla fine la potrebbe sfangare, perché un anello è culo, due molta fortuna, tre sono tante coincidenze.. ma undici inizia ad essere difficile da attribuirli TUTTI alla sorte. Ma, l'enorme vantaggio di riprenderlo a bordo, come dicevo su, è un altro: al tutto sommato accettabile prezzo di un po' di.. ehm.. merda.. da mandare giù adesso, potreste risparmiarvene molta qualora le cose dovessero andare male per davvero. Perché anche voi sapete che è probabile che le cose vadano male.

Bene, mi ricollego all'inizio di questa lettera e vi ribadisco che, se doveste "implodere" e passare qualche anno in lottery non mi dispiacerebbe. In ogni caso mi fingo imparziale e vi invito a ricordare, quando non 10, ma 2-3 anni fa in panca c'era ancora lui. Predicava triangolo, che è una "filosofia" piuttosto infida, perché ci sono pochi palleggi, tutti devono saper passare, tirare e giocare spalle a canestro. Ma il triangolo è maledettamente difficile perché, non prevedendo schemi in senso classico, si basa molto sulla lettura della difesa. Ora, amici dirigenti, vi ricordate che al vostro allenatore non garbava tanto quando in attacco giocava il bambinone? Bravo, bravissimo quanto volete, ma non gli piaceva proprio. Il suo preferito era un altro, quello che poi è passato a fare i reality, ma che fin quando giocava, lui sì che era bravo a leggere il campo.

La buona notizia è che il bambinone non c'è più; la cattiva è che quello che piaceva all'allenatore è in città, ma dai cugini "sfigati"; la pessima è che c'è un nuovo bambinone ancora meno adatto al triangolo e che, purtroppo, 1) ha un ego ancora maggiore 2) non può essere messo via perché l'avete designato a rappresentare il vostro futuro (e a quel punto la merda da ingoiare inizierebbe ad essere troppa) 3) tecnicamente è ancora meno adatto dell'altro. 
Per equilibrare un po' si potrebbe far partire il catalano dalla panca, ma (sfiga!) è proprio l'unico lungo fatto e finito che avete per giocare il triangolo. Sperando allora che quello che ha un nome simile ad un whisky irlandese sia in stato di forma decente, potrebbe il coach partire con lui in ala forte, dare un po' di soddisfazione al bambinone, e poi giocare i minuti che contano con lo spagnolo?

Si potrebbe? Forse, ma più probabilmente no. Per me, anche se spalle al muro, potete scegliere di meglio. Non nel senso di un allenatore più bravo, ma più adatto. Io ne vedo due: uno un po' anziano ed uno che fa le telecronache. Certo, a quel punto sarebbero tutti cavoli vostri. Ma pensate: alto rischio, alta ricompensa. Coach zen non vorrebbe forse dire "salviamo il salvabile" e quello che viene in più è grasso che cola? Però alla fine, in caso di anello n°12 il merito sarebbe tutto e solo suo.

Io la vedo piuttosto simile a quando i vostri corrispettivi italiani hanno esonerato un allenatore a noi caro. Essendo l'anno definitivamente compromesso, hanno riportato l'entusiasmo al palazzetto riportando alla guida del carrozzone colui che, molti anni prima gli aveva fatto vincere tutto. Sportivamente parlando non cambiò molto: comunque non portarono a casa niente. I vostri corrispettivi, però, riuscirono ad arrivare alla fine dell'anno senza troppi malumori del pubblico. E poterono pensare con calma all'anno seguente. 

Augurandovi comunque risultati analoghi, con rinnovata stima

dis/impegno

Lettera aperta a coach Zen



DISCLAIMER: Questo post sarà cancellato in caso di anello Lakers a fine anno.

Caro Phil,
chi ti scrive è un tuo vecchio ammiratore. Uno di quelli che pensano che non è vero che hai vinto undici anelli perché hai allenato i due giocatori più dominanti delle loro epoche e le due spalle più forti di sempre*. Al contrario, penso che il tuo zampino sulle vittorie di cui sopra sia bello evidente: tanti allenatori hanno potuto allenare supersquadre, pochi hanno vinto. 
Caro Phil, se ti scrivo è perché sono due giorni che mi chiedo chi te lo faccia fare. Hai una schiena a pezzi, i tuoi titoli li hai vinti, hai una bella signora, figli e nipotini, il tuo buen retiro. A che pro tornare ad allenare, in una situazione in cui hai tutto da perdere?
Per prenderti una rivincita nei confronti di Buss junior? Per avere il controllo totale?
Probabilmente sei l'unico con l'autorità tale per poter far coesistere gli ego presenti nello spogliatoio dei Lakers (di cui 3/4 appartengono allo stesso giocatore) e creare la giusta chimica di squadra. E probabilmente sarebbe una grande occasione per leggere un tuo ulteriore libro.
Ma ricordati di quella serie contro i Mavs di due anni fa. Di quello sweep nel quale la tua squadra fa umiliata. E' vero, era un modo brutto e triste per finire, e quei Mavs erano in stato di grazia. Ma non provasti nemmeno a fare qualche adattamento, a inventarti qualcosa per cambiare l'inerzia, a dare una scrollata alla serie. Insomma, eri prosciugato.
E infatti in giro si legge che salteresti alcune trasferte, che non parteciperesti agli shootaround...
Sicuro di volerci riprovare?


* era da troppo che non facevo una frecciatina a Kobe, scusatemi. Era giusto per sfizio.

giovedì 8 novembre 2012

Bene bagai! Bravi bagai! Bis!


Cantù ha stordito, annichilito, massacrato il Fenerbache. I turchi non hanno avuto modo di rendersi conto di niente, assediati dai ragazzi di Trinchieri. Tabu ha giocato da Rajon Rondo, Cusin è stato semplicemente perfetto. Ma i meriti sono di tutti i canturini, autori di un'aggressione che ha tramortito chiunque sul campo, terna arbitrale e dei del basket inclusi.
Non c'è niente da fare: una partita del genere, un'impresa da Davide de'noantri contro Golia, ti riconcilia con il basket italiano. E lasciatemi fare il post nazional-popolare, perché gli Arrigoni, i Trinchieri, così come i Sacchetti, i Vacirca, sono le risorse della nostra pallacanestro. Mancheranno i soldi, ma se mai dovessero tornare, spero che dalle nostre parti ce ne siano molti altri come voi.
Oggi però Cantù è la migliore squadra in Italia. Domani magari sarà un'altra, ma intanto grazie Arrigoni&Trinchieri (allenatore numero uno), grazie Tabu, grazie Cusin non avrei pensato mai di dirlo in vita mia, ma oggi ci sta più mai. Grazie Markoishvili, Aradori, Brooks, Leunen, grazie a Tyus anche per essersi tagliato i capelli dopo il college, grazie a Mazzarino.
Mentre sto finendo di scrivere, Milano è malamente sconfitta in casa dall'Olympiacos. Il commentatore dice "Milano a corrente alternata". Io invece sono come quegli anziani che martellano sempre sugli stessi punti e dico che non ci vedo nessuna novità.

lunedì 5 novembre 2012

A caldo dopo Siena-Milano..

..a freddo perché non scrivo da un sacco, viene fuori un post tiepido.
In realtà, tiepido perché non riesco a riconoscere l'impresa di Don Sergio, nonostante porti Milano alla presa del Palaestra dopo ere geologiche dall'ultimo successo meneghino. Tiepido perché vedo troppi limiti in Siena perché questo risultato possa essere considerato anche solo la metà di quello che sarebbe valsa l'anno scorso. La tragedia per Milano è che tutti gli avversari sono talmente più deboli che qualsiasi risultato diverso dalla W è scontato.

Coach Michelini evidenziava la disparità tra le "bocche da fuoco" di Milano e quelle di Siena, uscendosene con un 6 contro 2 e mezzo; lasciando stare i numeri, offensivamente Siena è davvero troppo poco. Scariolo si è infatti potuto limitare a cavalcare di volta in volta il giocatore più caldo. Hairston, Gentile, Fotsis, Langford. Effettivamente non pizza e fichi. Resto però convinto che un conto sia mettere in campo tante prime punte, un'altro far giocare bene una squadra del genere. Che è prerogativa degli Obradovic e dei Messina, almeno al di qua dell'Atlantico. L'unica mossa quasi degna di nota, per quanto quasi obbligata, è stato l'inserimento di Hendrix nel momento in cui Sanikidze ha suonato la carica. Inoltre, merito ai giocatori di Milano di aver segnato SEMPRE ogni volta che Siena si riavvicinava.

Bobby Brown è un playmaker (ahahaha) moderno, ossia un giocatore che madre natura ha privato di 10 centimetri di altezza, (e forse un pizzico di IQ cestistico) e che ha come opzioni il tiro, poi la penetrazione, poi un paio di palle perse, il tiro e poi la persa. Bravissimoo a mettere punti a referto, ma se sta a lui a innescare il talento offensivo di Ress (!!) e Carraretto (!!!)... Ed in tutta franchezza, di difensori disinteressati come lui ne ho visti davvero pochi. Se ci giocasse contro tutte e 30 le partite, Cook avrebbe numeri quasi buoni.

Non sparate sul pianista, specie quando ha dimostrato di saper suonare, ma a questo punto mi verrebbero delle domande per il Minucci. Kasun e Sanikidze sono compatibili con Brown? Il primo va servito adeguatamente in post e, tendenzialmente, coperto in difesa; il secondo deve correre, giocare il pick'n'roll e andare backdoor a canestro. Oggi, servirebbero lunghi tiratori ed un centro che chiuda le penetrazioni (almeno in contumacia Eze).
In questo momento, Siena è corta, squilibrata e probabilmente con fiducia a terra. In attesa che Kemp faccia vedere qualcosa, cambiare la squadra o l'MVP della scorso turno di Eurolega?

QUOTE OF THE DAY
"Milano vola a quota 6 punti"



Facciamoci del male, aka Reggio Emilia-Pesaro e l'esordio di Clemente

Ma quanto è bella la pallacanestro senza centri? (F. Buffa durante Heat-Celtics. La sensazione è che in quel momento pensasse ad Andrea Crosariol)
Sono sicuro che il fotografo non se la prenderà a male se scrocco

Ieri sera mi sono fatto del male ed ho visto Reggio Emilia-Pesaro. Un po' perché su un altro canale della stessa emittente c'erano le fasi finali di Caja Laboral-Barcellona, spettacolo di gran lunga superiore. Un po' perché si trattava dell'esordio di Denis "Danito" Clemente in maglia Scavolini. Ossia del play che ha deliziato la breve avventura napoletana di questa stagione (preseason e tre partite), dimostrando di essere uno degli stranieri più pronti per la LegaDue: velocità, playmaking, capacità di concludere nei pressi del ferro e anche un tiro da fuori in crescita.
Tutto questo non si è visto nella gara di ieri sera, nonostante le lodi di coach Peterson. Tanti gli alibi: Denis è arrivato nelle Marche da soli due giorni, in una squadra in completa emergenza che a lunghi tratti (secondo quarto) ha giocato una pallacanestro che definire brutta è riduttivo.
Clemente ha cercato di dare un po' di ordine e di imbeccare i tanti coloured di Pesaro (tra cui il califfo Antwain Barbour, ignoranza pura) che non attendevano altro che ricevere palla per tirare, poi Ticchi ha pensato bene di farlo giocare off the ball annullando di fatto qualunque contributo potesse dare. Denis ci ha messo del suo, sembrando un po' spaesato e vagando da un angolo all'altro. Non capisco come pensino di farlo coesistere con un altro nanetto sgusciante come Reggie Hamilton, sinceramente, a meno che non vogliano sbarazzarsi di quest'ultimo. Vedremo più avanti.
Ad ogni modo, brutta brutta la partita di ieri, con tanti interpreti che qualche anno fa sarebbero stati spediti di corsa in una B1. Nota positiva, nonostante le 6 perse, il solito Andrea Cinciarini.

mercoledì 31 ottobre 2012

Dove eravamo rimasti?

Not one, not two...

Miami batte Boston nell'opening game e lancia un primo, chiaro, segnale alla lega. Attenzione: quest'anno siamo ancora più ingiocabili. Allen e Lewis regalano due soluzioni alternative perfette per lo scacchiere tattico di Spoelstra, sempre più vicino a quella idea di pallacanestro moderna in cui ogni giocatore o quasi può ricoprire tranquillamente tutte le posizioni del campo. Lo ha detto più volte Buffa in telecronaca: cos'è LeBron? Va a rimbalzo come un pivot, porta palla come un play, attacca il canestro come un tre. E allora spazi dilatati e tanti momenti di cinque fuori che avranno fatto commuovere il mio coach. Come li marchi questi? 
I Celtics hanno fatto bene, in quella che promette di essere la prossima finale di Conference. Hanno avuto molto poco da Terry, tanta confusione e palle perse, e dal rientrante Jeff Green, che dovrà necessariamente farsi trovare pronto quando conterà. Hanno avuto tanto, invece, da Barbosa e Courtney Lee, buone soluzioni in attesa del ritorno di Bradley che, proprio insieme all'ex Magic (che ha fatto un gran lavoro nel primo tempo) sarà fondamentale a contenere Wade, vero ago della bilancia della stagione Heat.
Bis in arrivo? Molto probabile. Della vicenda Harden magari ne parleremo più avanti, intanto i Lakers devono trovare una quadra che il sottoscritto umilmente fatica ad individuare nella Princeton Offense, se le individualità sono quelle che vedo nel roster.

lunedì 29 ottobre 2012

Toh, chi si rivede...


Ultimo post: 23 ottobre 2011. Una foto, poco di più, in un momento in cui - chi per un motivo, chi per un altro - non potevamo scrivere molto. Uno dei motivi che fermavano l'afflusso di nuovi post è, ahimè, rimosso.
Ma, nonostante le delusioni, senza basket non riesco a vivere, e quindi, anche se probabilmente sono un bel po' arrugginito, tra un po' si riparte.
Avrei tanto da scrivere ma molte cose al momento preferisco tenerle per me.

Ci si becca tra qualche giorno, intanto dall'altra parte dell'Oceano, Sandy permettendo, si comincia. E quindi c'è da divertirsi.

Basketball never stops.