sabato 17 novembre 2012

Oldies but goldies

Alla vigilia delle prime trasferte ad ovest c'era una domanda che girava tra tifosi e addetti ai lavori Nba. "Are those Knicks for real?". Nonostante la prima sconfitta, la risposta non può che essere positiva. Vittoria in rimonta nel quarto quarto a San Antonio, un accostamento di parole raro come un 2/2 dalla lunetta di Biedrins (e infatti le due cose si sono verificate nell'arco di pochi giorni, Maya here we come),  sconfitta onorevole, nonostante un pessimo terzo quarto, in casa della squadra più forte della Western Conference. Sì, avete letto bene, i Memphis Grizzlies. Non potremo non occuparci di loro.
Ma torniamo alla Grande Mela. Segnano 102 punti di media, terzi nella Lega. E fin qui ci sarebbe poco di cui meravigliarsi. Ne concedono solo 92 (quarti), fanno tirare gli avversari con il 43%, forzano quasi 18 palle perse a partita. 

La strana coppia
Se è vero che le discussioni si concentrano prevalentemente sull'assenza di Amar'e Stoudemire, con la possibilità per Anthony di giocare da 4 in un sistema in cui si continua a tirare spesso e volentieri da 3, ci si sofferma probabilmente troppo poco sull'equilibrio della coppia di guardie titolari Raymond Felton e Jason Kidd. Il primo, asciugati i tanti chili che quest'estate avevano fatto ipotizzare una sua gravidanza (resta rotondetto ma è così di suo), sta trovando il canestro con continuità (16.1 ppg + 6.3 apg) e sta trovando nuova linfa grazie al suo compagno di reparto. Il playmaker che per anni è stato il più forte della lega, il vecchietto terribile, ha saputo trasformarsi in una macchina spietata in grado di giocare tranquillamente off the ball per larghi tratti della partita. Continuando nella tendenza intrapresa in maglia Mavs, le sue conclusioni ormai arrivano quasi sempre dall'arco, sullo scarico: 56% in questo avvio di stagione. A questo bisogna aggiungere la sua straordinaria capacità in difesa di toccare qualsiasi pallone passi dalle sue parti.
Insomma, quest'ottimo avvio dei Knicks nasce dall'equilibrio trovato in primis tra i due esterni. Un equilibrio contagioso: New York, come detto, tira tanto da tre, ma gioca in maniera armoniosa, forza poco, cerca quando possibile l'extrapass, e solo di tanto in tanto decide che è il momento di affidare lo spartito a Melo per qualche minuto di solo. E l'esempio è JR Smith, favorito nella corsa al premio di Sesto uomo dell'anno, con 16 punti di media, un irreale 63% da 3 e, al momento, l'impressione di essersi calato nel ruolo senza voler strafare.
Dimentichiamo qualcuno? Certo: lui.


Che spettacolo vederlo così tirato a lucido. Il primo tempo contro i Grizzlies è una gioia per gli occhi, un clinic regalato a noi spettatori. Uno Sheed così è un lusso per questi Knicks. Sia in attacco, con la sua capacità di saper colpire da fuori e dal post, con il suo meraviglioso giro e tiro, e di poter passare la palla dalle tacche per i vari JR Smith, Novak e Kidd appostati sull'arco; sia in difesa, dove con Chandler (o Camby, quando sarà) costituisce una coppia difensiva di lunghi difficilissima da battere grazie al suo innato senso di posizionamento.

E ora?
Le battute sull'aumento del numero degli estintori al Madison Square Garden si sprecano. La questione Amar'e è delicata, ci sono equilibri da mantenere sia a livello tecnico che contrattuale. Pensare ad un suo ruolo come sesto/settimo uomo appare, al momento, difficile. Il ritorno di Stat dovrebbe ridare un po' di consistenza a rimbalzo, dove ad oggi i Knicks sono 27simi su 30 squadre.
E poi ci sarebbe anche Iman. Essì, Shumpert potrebbe tornare a gennaio ed inserirsi prepotentemente nella rotazione delle guardie, andando a modificare ulteriori equilibri. Bene per lo stato fisico di Kidd, e di un commovente Prigioni, ma bisognerà vedere quale potrà essere il suo impatto, perché è pur vero che il parziale decisivo con gli Spurs è arrivato con tre piccoli in campo, ma Ronnie Brewer al momento è un prezioso collante.

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