martedì 10 maggio 2011

The day after the day after


Neanche tre settimane fa, in seguito all'eroica rimonta firmata da Brandon Roy, scrivevo queste parole.
Oggi, a sei gare (e sei vittorie di distanza), le cose sembrano un po' diverse.
Nonostante i Lakers sembrassero in crisi, non sono mai stato sicuro della possibilità di passare il turno. Qualcuno mi ha detto che lo facevo per scaramanzia, ma non era così. La scaramanzia mi ha portato a non vedere né seguire in alcun modo la diretta di gara-4, questo sì. E se voi mi darete del folle io vi rispondo che ho sofferto come un matto, ma purtroppo ne è valsa la pena. Ossimoro? Certo.
In realtà le esperienze passate mi hanno insegnato a non dare mai vinta una serie, quando ci sono i Mavs in campo. Neanche sul 3-0? No, neanche sul 3-0, perché solo i tifosi Mavs possono ricordare il panico di una gara-7 fortunatamente vinta dopo essersi fatti rimontare dai Jail Blazers tre vittorie di vantaggio.

E' ovvio che ora si parli tanto dei Lakers. Il loro crollo è stato fragoroso, uno sweep da bi-campioni in carica, con un blowout da record, nell'ultima partita della gloriosa carriera di Coach Zen. Davanti al quale mi levo il cappello, nella speranza che trovi un po' di tempo per qualche nuova produzione letteraria.
Merito dei Mavericks o colpa dei Lakers? Entrambe le cose.
Difficile sottrarre qualcuno dal banco degli imputati in casa gialloviola. Se in fase di presentazione della stagione mi ero permesso di parlare di mercato perfetto, prendendo un colossale granchio, la panchina Lakers ha invece mostrato tutte le sue lacune, venendo massacrata da quella di Dallas nonostante la generosità di Odom. Se Bynum ha giocato una buona serie, durante la quale ha avuto momenti in cui ha dimostrato di poter essere un giocatore su cui poter contare in futuro, è anche vero che la sua chiusura di stagione è stata la peggiore che si potesse immaginare.


Artest? Non ne parliamo. Gasol? Roba da psicanalisi, anche se al di là dei possibili limiti mentali (tutti da dimostrare: un anno fa chiudeva la trionfale cavalcata gialloviola con una gara-6 da tripla doppia sfiorata per un assist mancante e una gara-7 da 19+18 mentre Bryant sparacchiava) a me è sembrato proprio sulle gambe.
Mi aspettavo di più da Kobe, attendevo una sua reazione di orgoglio. Probabilmente non è più in grado di vincere una partita da solo, ma mi aspettavo perlomeno un tentativo. Un momento di dominio (e predominio) offensivo. Per suonare la carica o, almeno, per far vedere che almeno lui non ci stava, non si arrendeva. Non ho visto nulla di tutto questo. Ho visto un Kobe scarico, che continuava ad eseguire il compitino e in diversi casi lo faceva anche male: pessimo (come tutti i Lakers, ma ne parliamo dopo) in difesa, nonostante gli sia appena arrivato il riconoscimento dell'ennesimo primo quintetto difensivo (con LeBron e Rondo. sic.), ma anche dallo scarso impatto in attacco, dove ha continuato ad accontentarsi dei jumper nonostante Stevenson sembrasse tutt'altro che perfetto in copertura su di lui, e ad andare in post quando marcato da Kidd. Come se portare in post Kidd fosse una buona idea.

Se mi aspettavo di più da lui, mi aspettavo anche molto di più da coach Jackson, che non è riuscito a predisporre adattamenti efficaci. Senza soffermarci sull'attacco (la Triangle Post Offense dov'è?), guardiamo la difesa. Per tutta la serie è bastato fare un pick and roll a 8 metri dal canestro (di Barea, non di Chris Paul) per mandare la difesa gialloviola in bambola. Insistere sulla single coverage di Gasol su Nowitzki è stata una follia: il crucco nelle prime tre gare ha preso fuoco sin dal primo quarto. Quando arrivavano gli aggiustamenti nel corso del match (la marcatura di Odom, i raddoppi) era ormai troppo tardi, anche perché Nowitzki è diventato un signor passatore, in grado di trovare sempre l'uomo libero.
A questo punto le rotazioni dei Lakers dimostravano tutta la loro inefficacia: ho perso il conto dei tiri presi dai Mavs con CHILOMETRI di spazio. Quando non c'era tutto questo spazio, i difensori dei gialloviola erano comunque in ritardo, e bastava fingere il tiro da 3, saltare l'uomo che arrivava disperatamente, fare un comodo passettino e infilare il jumper da 2. Ed è sempre bello vedere come queste considerazioni siano state scritte in maniera decisamente migliore da siti americani molto più validi di quest'umile blog.

E qui arriviamo ai meriti dei Mavs, perché se avete visto con attenzione il post linkato avete notato come si possa dominare una gara senza essere cavalcati ossessivamente in attacco. Ed è quello che i Mavericks e Nowitzki hanno fatto in questa serie: si sono passati la palla, sempre alla ricerca dell'uomo libero e del tiro migliore. Hanno saputo chiudere le partite nei momenti in cui queste andavano vinte, grazie alle prestazioni clutch di Nowitzki e di Terry. E persino di Barea e - udite udite - Stojakovic. Non hanno avuto passaggi a vuoto, a parte il parziale in gara-1 che li aveva portati sotto di 16. Hanno scommesso sui limiti dei Lakers nel tiro da fuori e hanno avuto ragione. Hanno subito 88 punti di media nella serie da una squadra che in stagione regolare ne faceva 101.

Diversamente da Dis/Impegno, non sono così sicuro sia la fine di questi Lakers. Certo, questo gruppo è finito.  Ma la base per ripartire c'è, anche senza Jackson. Probabilmente sarà un'estate più movimentata del solito in casa L.A., ma non credo che vogliano lasciarsi andare a ricostruzioni con un Bryant che ha comunque ancora un paio di stada dare.
E i Mavs? Cosa faranno ora è un'incognita, magari si sono giocate tutte le cartucce in questa serie. Magari no. Ma d'altronde ho rinunciato a capire questa squadra. E' proprio per questo che, nonostante tutto, la amo.

Nessun commento: