lunedì 12 maggio 2008

Non amo Kobe Bryant

Mettiamo le cose in chiaro da subito. Non amo Kobe Bryant. Lo reputo il miglior realizzatore dell’Nba, può segnare in qualunque modo, è completissimo, il suo tiro è tanto efficace quanto elegante. Il titolo di Mvp vinto quest’anno lo trovo giusto. C’è a chi piace più Chris Paul (e io sono tra questi) ma non si può dire che non sia meritato. Rispetto agli anni precedenti, infatti, Bryant non solo ha ottenuto risultati migliori di squadra (importantissimi per il Most Valuable Player), ma ha migliorato il proprio gioco. L’uno è conseguenza dell’altro, e l’arrivo di Gasol e Fisher ha sicuramente contribuito a entrambe le cose, ma a me è sembrata anche una questione di atteggiamento. Come se avesse capito che, sì, fare 81 punti in una partita è bellissimo, ma alla fine quello che conta è andare avanti e fare strada nei playoff. Cosa che è possibile solo coinvolgendo i compagni, non importa quanto scarsi questi siano. Anche se, ovviamente, una cosa è avere Gasol e Fisher, un’altra Brown e Smush Parker. Quello che contesto a Bryant è l’incoscienza dei propri limiti. Li avevano Jordan e Magic, figuriamoci lui. E la partita di ieri ne è stata l’esempio. Il 24 ha avuto fortissimi dolori alla schiena per tutto il corso della partita, ciononostante per buona parte del match ha dato il suo contributo con canestri e assist. Poi, nell’ultimo quarto e soprattutto nel supplementare, ha preteso il palcoscenico, forzando l’inverosimile, specie da fuori e sbagliando tiri in quantità. Sembrava tornato quello di due anni fa. E se non metti in ritmo i compagni, non puoi aspettarti che questi segnino l’unico tiro che gli concedi. 33 tiri. Già sono tanti normalmente, figuriamoci in una giornata in cui: a) ti reggi a stento in piedi. b) i tuoi compagni la mettono: perchè Gasol ha segnato, e Fisher (3 triple di fila con 3 assist proprio di Bryant) e Odom hanno realizzato canestri fondamentali.

E’ per partite come queste che Bryant non mi piacerà mai, per quanto forte possa essere.

Due parole anche su Spurs-Hornets, serie cambiata a San Antonio con l’ingresso in quintetto di Ginobili e soprattutto il ritorno alle marcature "originarie". Parker su Paul ma soprattutto Bowen su Stojakovic, che non ne sta imbroccando una. Paul i punti li segna, bisogna fermare i compagni, almeno in trasferta, dove il tiro da fuori tendenzialmente fatica ad entrare. Vedremo in gara-5, ora come ora mi sembra che gli Spurs siano più "pronti"

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