sabato 9 aprile 2011

Dei massimi sistemi: Kobe Bryant è clutch?

Andiamo con ordine. Tutto ebbe inizio con questo discusso articolo, che si chiedeva "In realtà, quanto è clutch Kobe?". Soltanto porre la domanda, visto l'argomento ed il soggetto, sarebbe stato sufficiente per alzare un polverone di reazioni, con toni compresi tra la lesa maestà dei Kobisti e la goduria degli anti-Kobisti: il loro nemico diverrebbe attaccabile proprio su uno dei suoi principali punti di forza.
Bene, immaginate ora che detto articolo non si limitava solo alla domanda, ma forniva una parziale risposta: in fondo, tanto clutch Kobe non è. Apriti cielo. Ma sono proprio queste le situazioni per "il Moralizzatore".

Innanzitutto, cosa vuol dire essere clutch? Essere clutch vuol dire rimanere freddi, non cagarsi sotto quando la palla scotta. Ossia, in linea di massima, gli ultimi minuti di una partita punto a punto. L'epica del gioco è piena di situazioni complesse risolte da eroi, che hanno chiuso la partita o con una singola giocata decisiva (ad esempio, la rubata di Bird contro i Pistons) o prendendo il completo controllo delle operazione e vincendola da soli (Miller vs Knicks, McGrady vs Spurs, etc..). Per quest'ultima situazione, c'è un'espressione inglese che secondo me rende benissimo l'idea: to take it over. Prendere il controllo, impadronirsi di compagni, avversari e partita. E questa è la missione cestistica di Bryant: mosso da un imperativo, Kobe assume sempre e comunque il comando delle operazioni quando c'è da portarla a casa. E io vi faccio questa domanda: è questo il clutch? Se ne facciamo una questione di voglia, secondo me non c'è singolo giocatore che brami il peso della responsabilità quanto lui. E se dovessi decidere chi prende l'ultimo tiro, mi dispiace ammetterlo, ma andrei con il Mamba.



Però c'è un però. C'è differenza tra prendersi un tiro e prendersi sempre e comunque tutto l'attacco. Ogni attacco che si rispetti è fondato su circolazione, movimenti con e senza l'arancia, ritmo ed equilibrio: un osservatore un minimo competente riconosce subito un buon tiro da un cattivo tiro. Un tiro che ha il 60% di possibilità di entrare è diverso da uno che ne ha il 20. Ecco, io non capisco perché questi concetti valgano fino a 5 minuti dalla fine; al 43°, la circolazione di palla va a farsi benedire, i compagni di squadra diventano comparse e il gioco della pallacanestro diventa la superstar contro il resto del mondo. Prendere un tiro considerato forzato nei primi 43 minuti è quasi l'obiettivo, perché la superstar è un super sayan che conta di mettere qualsiasi cosa.
E no! Un tiro di merda resta un tiro di merda. Il 20% è sempre il 20%. Non ci sono se e ma. L'epica vuole che sia il campione a risolverla: d'accordo, ma non palleggiando per 24' e forzando una preghiera. E se il passaggio non è contemplato, è normale che le statistiche clutch di Kobe siano quelle riportate nell'articolo.

Kobe ha molti più tentativi di tutti gli altri perché ultimi 5' minuti per lui diventa una questione personale. Ha i mezzi per vincerle tutte, ma non può vincerle tutte: con riferimento alla passata stagione (comunque conclusasi con un titolo, purtroppo), i Lakers avevano un record di 53-20 con Kobe in campo. Che nelle gare clutch scendeva a 13-11.
Allora, per concludere, rifaccio la domanda: Kobe Bryant è un clutch player o no? La mia risposta è comunque sì. Però per me non basta non aver paura e volerla vincere: rimanere freddi vuol dire anche saper leggere le situazioni e decidere eventualmente di passare la palla. Non è mica un disonore..

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